Videosorveglianza aziendale: tra sicurezza e riservatezza

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Negli ultimi anni, il numero di installazioni di impianti di videosorveglianza all’interno dei locali aziendali è cresciuto in maniera esponenziale. Questo trend, spinto dall’esigenza di migliorare la sicurezza sul posto di lavoro e tutelare il patrimonio aziendale, è stato ulteriormente favorito dall’avvento delle tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale (IA). Tuttavia, l’uso crescente di queste tecnologie solleva questioni rilevanti riguardo alla privacy e ai diritti dei lavoratori, richiedendo un delicato equilibrio tra controllo e tutela della riservatezza.

Tecnologia e videosorveglianza: un binomio vincente

L’integrazione della videosorveglianza con l’intelligenza artificiale rappresenta una delle evoluzioni più significative nel campo della sicurezza aziendale. Le telecamere moderne non si limitano a registrare immagini e suoni, ma utilizzano algoritmi avanzati di IA per analizzare i dati in tempo reale. Questi sistemi basati su reti neurali sono in grado di distinguere un essere umano da un animale, riconoscere volti tra la folla e rilevare dettagli minuziosi come il colore dei capelli o le emozioni. Questo livello di analisi consente di identificare comportamenti sospetti o minacciosi, migliorando significativamente la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Aspetti giuridici della videosorveglianza

L’installazione di impianti di videosorveglianza sul posto di lavoro è regolata dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300 del 1970), riformulato dal Decreto Legislativo n. 151 del 2015 e integrato dal Decreto Legislativo n. 185/2016. La legge prevede che gli impianti audiovisivi possano essere utilizzati esclusivamente per esigenze organizzative, produttive, di sicurezza sul lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale. Tuttavia, la loro installazione deve essere preceduta da un accordo con le rappresentanze sindacali o, in mancanza di questo, da un’autorizzazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

Responsabilità del datore di lavoro

Il datore di lavoro, secondo l’articolo 2087 del codice civile, ha l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale dei lavoratori. Questo implica che l’uso di sistemi di videosorveglianza deve essere effettuato con prudenza e diligenza, evitando qualsiasi forma di controllo vessatorio o indiscriminato che potrebbe ledere la salute mentale e psicologica dei dipendenti. La giurisprudenza italiana, come evidenziato dalla sentenza della Cassazione civile, Sez. lav., 25 gennaio 2021, n. 1509, sottolinea che il datore di lavoro è responsabile non solo per la violazione di obblighi imposti da specifiche norme di legge, ma anche per l’inosservanza di conoscenze tecniche e sperimentali.

Bilanciare sicurezza e privacy

Il principale dilemma legato all’uso della videosorveglianza è trovare un equilibrio tra le esigenze aziendali di sicurezza e la tutela dei diritti dei lavoratori. L’imprenditore ha la facoltà di installare impianti audiovisivi per esigenze organizzative e produttive, sicurezza sul lavoro e tutela del patrimonio aziendale. Tuttavia, deve evitare di monitorare direttamente i dipendenti durante l’espletamento delle loro funzioni, rispettando la loro privacy. Ad esempio, è vietato installare telecamere nei bagni, spogliatoi e altri luoghi non direttamente collegati all’attività produttiva.

L’uso della videosorveglianza in azienda, potenziato dall’intelligenza artificiale, rappresenta un potente strumento per migliorare la sicurezza e la protezione del patrimonio aziendale. Tuttavia, è fondamentale che i datori di lavoro rispettino le normative vigenti e adottino un approccio equilibrato che garantisca la tutela dei diritti dei lavoratori. Solo così sarà possibile sfruttare appieno i benefici della tecnologia senza compromettere la riservatezza e la dignità dei dipendenti.

Fonte dell’articolo www.agendadigitale.eu.